Beauty

Una tipica domanda da primavera: la cellulite è una malattia?

Tra tutte le domande che ci vengono poste in farmacia nel periodo primaverile questa è una delle più frequenti, e la risposta che noi farmacisti diamo è che la cellulite, contrariamente a quanto si potrebbe dedurre da articoli, rubriche o chiacchiere in libertà,  non va considerata un banale inestetismo, ma una malattia con caratteristiche specifiche.

Parliamo infatti di un processo infiammatorio che crea una degenerazione del tessuto cutaneo e sotto cutaneo che bloccando il corretto defluire  dei liquidi crea masse adipose che dall’ipoderma spingono verso l’alto e alterano la struttura della pelle facendole assumere il famoso aspetto a buccia d’arancia. Le cause della cellulite possono essere dovute sia a fattori predisponenti come sesso, familiarità, obesità, disfunzioni ormonali, pubertà, gravidanza e menopausa sia a fattori scatenanti come assunzione di anticoncezionali orali, ipotiroidismo, disfunzioni epatiche o terapie ormonali.

Ma allora cosa fare? Come comportarsi per combatterla?

I nostri consigli sono di evitare cibi salati, non fumare, non bere superalcolici, ed evitare abiti molti stretti. Fondamentale poi è bere due litri di acqua al giorno, camminare, consumare frutta ricca di potassio, frequenti infusi e tisane, e,  se possibile, effettuare dei linfodrenaggi.

Per le soluzioni che offriamo in farmacia, ritengo che l’uso di una crema per uso cutaneo possa fornire un aiuto importante. “Somatoline”, ad esempio, è un farmaco di automedicazione che contiene due principi attivi, escina e levotiroxina. La prima migliora il microcircolo, riducendo l’accumulo di liquidi e agisce sulla membrana dei capillari migliorandone la resistenza. La seconda ostacola la produzione eccessiva di fibre che imprigionano le cellule adipose, causa della pelle a buccia d’arancia.

Come ultimo consiglio aggiungerei che la costanza nell’applicazione della crema è fondamentale, quindi usare una volta al giorno per un periodo di almeno tre mesi.

— dott.ssa Cristina Monacelli